IL SENSO DELLA VITA
Molto spesso ci facciamo domande sul perché esistiamo, quale è il senso della nostra vita e taluni a queste domande, non trovano mai risposta.
Ma la faccenda è più semplice di quanto si possa credere, in quanto il perché esistiamo è collegato al concetto stesso di vita.
La “vita” è una entità superiore, è il tutto e collega il tutto al singolo e viceversa.
Essendo una entità, anche la vita ha i suoi scopi e le sue esigenze, ossia l’evoluzione e la sopravvivenza.
Noi e gli altri esseri, sia animali che vegetali, siamo i suoi componenti “vitali” quelli che fanno sì che lei si possa evolvere e diventare immortale.
Infatti la vita, riuscendo grazie all’evoluzione, a trasformarsi in molteplici forme adattate, riesce a riprodursi all’infinito, colonizzando l’universo.
Da questo concetto, scaturiscono conseguentemente i nostri compiti ed il perché esistiamo.
Tutte le specie viventi hanno il compito di migliorarsi, dando il loro contributo, affinché la vita nella sua globalità si migliori, permettendole di adattarsi ai cambiamenti e quindi di sopravvivere.
Ogni singolo uomo e donna quindi, dovrebbero essere “funzionale” alla vita, affinché lei tragga beneficio dal nostro momentaneo navigare in essa.
Lei ci dà l’esistenza affinché lei possa esistere!
Cosa vuole dire essere vivi?
Essere funzionali alla vita, avere questo compito superiore, oltre al nostro egoismo, rende chiara e facile, l’esistenza, che diviene così un fluire insieme alla vita.
Affinché questa magia esistenziale avvenga, è necessario allearsi con la nostra parte creativa, ed allinearci con le esigenze del tutto intorno a noi.
Non ha senso quindi ledere ad altri esseri, anch’essi funzionali alla vita e neppure non ha senso distruggere, inquinare, depredare, l’unica cosa che conta davvero è il bene superiore della vita stessa.
Le cose dovrebbero andare non come occorre solo a noi, ma anche badare a ciò che occorre alla vita e vanno preservati quindi i sistemi che permettono la vita.
Esiste quindi un meccanismo di alleanza tra noi ed ogni singolo componente della vita, cosa che ci fa sentire facenti parte di un fine superiore, allontanando da noi lo spettro della solitudine e del vuoto.
Una esistenza vissuta in questo modo allontana ogni paura e incertezza sul perché esistiamo, ci permette di vivere ogni momento fusi sia con le cose materiali che spirituali, in un insieme proteso verso un domani migliore per tutti.
Chi vive solo in funzione di se, ha invece una livello esistenziale effimero, affettivamente instabile, perché trasforma tutto in oggetti da possedere.
Anche l’altro vicino a lui diviene un “oggetto affettivo” ed essendo tale, può solo essere comprato o posseduto per convenienza e non avendo radici affettive profonde che li legano, prima o poi, qualcosa o qualcuno li allontanerà, basterà una offerta più conveniente.
A conti fatti, non conviene esistere solo per appagare se stessi, alla fine il prezzo da pagare in termini esistenziali, supera sempre la soddisfazione del momento.
Va cambiato anche il modo di concepire l’altro.
Chi abita la visione di se collegata ad un tutto, diventa un centro riequilibratore, avendo occhi per vedere, quanto la vita all’altro, ha dato o preso, quindi “pesare” se c’è stato più “dono o furto”, misura che deve tendere all’equilibrio per vivere serenamente egli stesso.
Quando incontra una persona alla quale la vita ha preso troppo, si dovrà prendere carico del “risarcimento” da dare a costui, prestandogli, in termini affettivi o di comprensione, parte di ciò che ha a sua volta ricevuto.
Così facendo contribuisce all’equilibrio universale dentro e fuori se, permettendo un fluire di energia affettiva, che come l’acqua nei vasi comunicanti, tenderà all’equilibrio positivo delle cose e nessuno avrà più una coperta affettiva troppo corta.
Non mi riferisco ad un buonismo diffuso, perché al contrario, si dovrà essere capaci di escludere dalla propria vita, chi ruba il nostro tempo prezioso, distogliendolo dalla costruzione per noi e la vita, come anche di chi con la sua presenza altera quell’equilibrio affettivo del quale parlavamo poc’anzi.
Non temete infine di appartenere ed essere, tra quelli che costruiscono il bene comune, per un fine più elevato, gli altri con il loro falso sorriso, nascondono il loro tormento interiore, ossia un lacerante vuoto interiore, derivato dal sentirsi esclusi dal tutto.