Come superare il senso di colpa e dire addio a questa sensazione di profonda angoscia ed oppressione.
Sentirsi in colpa a volte è molto doloroso, un po’come se fossimo perseguitati da noi stessi, nelle vesti di un giudice che interviene per la minima presunta trasgressione. E nei fatti ci si sente ossessionati anche quando non si è fatto nulla che possa essere normalmente considerato riprovevole.
Molte persone si sentono non a caso colpevoli per avere commesso errori o anche solo per aver fatto pensieri sconvenienti o impulsi che, di sicuro, hanno avuto tutti nella vita. Ma esiste anche il sentirsi in colpa di essere felici e di desiderare, è quindi essenziale capire che tale sentimento si basa su dati irreali e rappresenta dunque un’inutile auto-punizione. Un qualcosa di decisamente ingiustificato fonte di inutili sofferenze psichiche, nonché a volte disgusto di sé, sufficientemente spietati e implacabili da spingere una persona al fallimento.
Gestire il senso di colpa? Si può!
E se dura abbastanza a lungo questo tormento interno può portare a sviluppare vere e proprie patologie come abuso di sostanze, disturbi sessuali e una grande varietà di altri comportamenti di auto-sabotaggio. Dunque, tale comportamento in realtà non serve a nessuno, a meno che i sensi di colpa non siano in realtà necessari per prendere coscienza delle responsabilità che abbiamo relativamente a un misfatto, o per innescare il desiderio di un cambiamento positivo.
Possiamo intenderlo come uno dei sentimenti che nasce nella primissima infanzia, ed affonda le sue radici nel conflitto Edipico e di Elettra, essendo la sua comparsa conseguente alla consapevolezza di voler appagare le proprie pulsioni egoistiche.
Esiste anche un Imprinting mentale genitoriale, in quanto il bambino proietta nel suo “IO” la richiesta inconscia che gli perviene dall’adulto per compensare i vuoti dei genitori, introiettando paure e ansie, oltre che comportamenti, non suoi.
Dai primi anni di vita fino all’adolescenza, l’Io non è sufficientemente solido e strutturato per reggere lo strapotere della pulsione inconscia proveniente dal genitore.
Le mancanze espresse inconsciamente dai genitori, le loro ferite interiori, come anche le paure e le loro ansie, sono come tempeste che si abbattono sull’inconscio del bambino, modellandone il contenuto.
Vengono proiettati in esso, come accade esattamente per un film, tutte le scene latenti nell’inconscio genitoriale.
Il bambino si trova quindi a rappresentare, con pensieri e azioni, le proiezioni inconsce che gli arrivano nel reale quotidiano, senza minimamente potersi opporre, anzi pensando che sia lui stesso quella proiezione.
Molte delle ansie e delle paure che da adulti ci si trova ad affrontare in realtà non sono nostre, ma sono le contaminazioni genitoriali in noi; per questo alcune paure sono irrazionali e difficilmente controllabili, semplicemente perché non sono le nostre!
“Nelle persone dopo la nascita si sviluppa un codice, un imprinting che determinerà ogni loro possibile evoluzione, al di fuori della quale non c’è possibilità di cambiamento se non si interviene sull’inconscio”
L’influenza inconscia, che si viene a subire prima della maturità dell’Io, va ad agire anche sui comportamenti che il bambino assumerà da grande.
Ad esempio, può capitare che un genitore maschio, al quale è mancata a sua volta la costruzione fatta dentro di sé di suo padre, induca nel figlio maschio la costruzione del suo padre ideale mancante, in modo da poterne ricavare sicurezza e direzione; da questo scaturiscono i tanti bambini che sono dovuti crescere troppo in fretta.
Purtroppo, però, l’Io del bambino non può reggere tale peso e comincia così a crearsi un mondo di super-poteri per nascondere la sua reale debolezza al padre e a se stesso, così sarà costretto a utilizzare schemi mentali onnipotenti, fino a sfociare nell’età adulta in aspetti marcatamente narcisistici.
Il figlio quindi assumerà inconsciamente il ruolo del più forte e grande di quanto in realtà sia, per lenire le sofferenze paterne che egli inconsciamente avverte; avrà atteggiamenti nei quali egli farà da padre a suo padre, rimanendo così anche esso di fatto orfano a sua volta.
Difficilmente il bambino o l’adolescente può riuscire a spezzare da solo queste catene che sono come gabbie mentali, perché col trascorrere degli anni questa modalità si cristallizza nella sua mente sempre più, fino a far parte della sua effettiva costruzione mentale determinando tutta la direzione della sua vita futura.
Dunque, nel caso ad esempio delle paure o delle ansie, esse sono spesso anche un imprinting genitoriale ma, poiché questo imprinting viene cristallizzato nella nostra mente, diventano di fatto come se fossero paure nostre.
Conseguentemente, non potendone riconoscere la causa scatenante, perché tali paure in alcuni casi erano una reazione ad un fatto accaduto a uno dei genitori, non troviamo il modo di gestirle e nemmeno scorgiamo la loro origine – notiamo che nessun fatto oggettivo ha scatenato questa emozione nella vita reale.
Questo spiega come mai, senza un motivo valido, ci si trova ad aver paura delle altezze o dei serpenti o dei ragni e di mille altre cose senza che uno di questi eventi sia effettivamente accaduto.
La mente razionale, non potendo applicare lo schema fatto – accaduto – risposta emotiva conseguente (poiché non ha gli strumenti per poterlo fare) dà come risposta un attacco di panico, ritenendo questa emozione ingestibile.
Un altro esempio è quando una madre non riesce a gestire le sue dinamiche femminili per una non idealizzazione materna.
Oltre alle problematiche già descritte precedentemente, come ad esempio nel caso del un bambino sul quale il padre proietta la sua mancanza paterna, nella variante femminile accennata pocanzi, la figlia vestirà i panni della sublimazione del femminile materno mancante alla madre.
La figlia entrerà in simbiosi con la madre e potrà assumere a sua volta, quando diventerà adulta, pulsioni sessuali improntate su una iper-femminilità seduttiva o al contrario una inibizione sessuale estesa.
Se alla madre è invece mancata la figura paterna, allora il figlio maschio, inconsciamente, vestirà i panni del padre mancante, tendendo anche a una sostituzione del padre nel rapporto con la madre, dunque idealizzandosi come partner di questa.
Nel caso, al contrario, che si tratti di una figlia, ella potrà assumere atteggiamenti marcatamente maschili, come ad esempio avere un carattere dominante o impulsivo-aggressivo, senza tuttavia sfociare nell’omosessualità femminile, in quanto il suo compito è raffigurare il padre per sua madre e null’altro, poiché la qual cosa non innesca necessariamente l’interesse sessuale per il genere femminile.
In altri casi ancora, il bambino può avvertire la dinamica inconscia che si innesca quando tra i due genitori c’è una forte dipendenza e simbiosi.
Il suo comportamento tenderà all’esclusione, il che significa allontanarsi dai due genitori, sentendosi di troppo, e addirittura arrivare ad ammalarsi pur di non far soffrire i genitori, poiché percepisce la sua presenza e le sue richieste affettive come un ostacolo al rapporto simbiotico necessario all’equilibrio della coppia genitoriale stessa.
Nella sua mente emergono pensieri del tipo: “Papà soffre se io mi avvicino a mamma perché lui ne ha bisogno! Allora io mi faccio fuori”.
Non sopportando il suo io immaturo, un senso di colpa lo assale; egli si sente causa della sofferenza del genitore e nell’età adulta questo pensiero ostacolerà il superamento del conflitto edipico, perché il bambino non potrà mai detronizzare il padre e avere la madre tutta per sé.
Questa è una caratteristica tipica del play boy che, non potendo avere una donna-madre tutta per sé, è costretto ad averne molte.
Se questo pensiero è al femminile, ossia se si tratta di una bambina e questa avverte sensi di colpa perché percepisce la sua presenza e la sua richiesta affettiva come un ostacolo nel rapporto simbiotico fra sua madre e suo padre, allora molto probabilmente da grande avrà difficoltà ad avere un partner stabile e quindi un uomo tutto per sé.
Ogni qual volta un genitore soffre il bambino, che non ha gli elementi razionali per comprendere i motivi esterni di questa sofferenza, pensa in prima battuta che la causa di questo disagio sia lui!
Questo senso di colpa può anche innescare una rabbia profonda che spesso si trasforma in azioni distruttive verso se stesso, determinando conseguenza reali, come l’andare male a scuola o, da adulto, tendere al fallimento esistenziale ed economico.
Riguardo a come superare il senso di colpa dobbiamo analizzare il tutto a partire dalle fondamenta. Freud lo inquadra infatti come risultanza del tentativo di appagare il primo istinto sessuale diretto verso il padre o la madre.
La pulsione sessuale verso la madre, infatti, richiede il superamento del padre, di farlo fuori. E quindi ecco il primo senso di colpa, ma anche il desiderio successivo di somigliare a papà, richiede un distacco dalla madre con altro relativo senso di colpa, essendo lei chi lo ha messo al mondo sentendosi quindi ingrati. Una concezione che si instaura anche qualora vi sia stata una carenza affettiva nell’infanzia, epoca nella quale l’Io del bambino non è ancora sufficientemente forte da sostenere il fatto che un genitore o entrambi possano non amarlo.
Un sentimento che parte dai primissimi anni di vita
Egli non può concepire che chi gli ha dato la vita possa non desiderarlo, allora la sua mente non ancora cosciente trova l’unica spiegazione possibile che possa dare un senso a tanto dolore, ossia che è lui ad essere sbagliato e non meritare quindi l’amore genitoriale. Qualcosa deve aver commesso pensa, pur non rendendosene conto di cosa abbia mai potuto fare. Di fatto egli non può sentirsi giusto per essere amato.
Successivamente in età adolescenziale, anche tutte le tappe di allontanamento dai genitori creeranno sensi di colpa, avendo l’adolescente dentro se le esigenze emotive di pensare a se stesso dovendo andare nella vita e l’abbandono che dovrà compiere verso chi gli ha dato la vita.
Tutte queste fasi evolutive, se non elaborate positivamente, faranno si che nell’adulto il senso di colpa patologico sovraintenda a molti aspetti della vita reale, con conseguenze anche pesanti. Il non sentirsi giusti per essere amati, come spiegavo prima, farà si che si avrà un atteggiamento rinunciatario verso la vita e si presenterà ogni qual volta si potrà prendere qualcosa in più da essa.
Lo si ritroverà come giudice interiore punitivo, quando si dovrà scegliere il partner giusto, quando si dovrà fare una scelta lavorativa ed in tutte quelle occasioni nelle quali si potrà appagare un desiderio, inibendolo, attraverso una lunga serie di atti mancati non consapevoli che tenderanno ad allontanare dalla propria vita la migliore evoluzione possibile, anzi al contrario, relegando la persona ai livelli minimi di esistenza, sia economica che affettiva. Ecco perché è importante trovare la soluzione più congeniale in merito a come superare i sensi di colpa.
Dietro ogni fallimento, ogni mancata evoluzione c’è un senso di colpa non rimosso, è inutile cercare un perché razionale, in quanto sarebbe comunque solo un alibi.
Si può comprendere che si era giusti per essere amati da piccoli e che magari era quel genitore ad avere dei limiti e non lui, ma anche che l’egoismo è una pulsione di vita primaria presente in tutti gli esseri umani che hanno il dovere di vivere al meglio di quanto possano avere e provare.
Prendere la madre o il padre era un diritto e non una colpa
Prendere, evolversi, amare è un atto di vita, non un sentimento negativo. Esiste quindi un egoismo sano, salutare, che onora la vita, al contrario ad esempio del narcisismo esasperato che tende a privare di senso al vita altrui.
Desiderare è un atto di vita predisponente verso un futuro migliore, ed allora è utile far fiorire desideri e piaceri nella propria vita, “Prendere” è la parola d’ordine!