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Il Ritardatario Cronico

Orologio ore 5

Il Ritardatario Cronico: Chi è che fa spesso ritardo?

Ci sono motivazioni complesse, spesso poco consapevoli del perché spesso alcune persone sono spesso in ritardo, collegate alla qualità delle relazioni vissute in ambito familiare in età pre-adolescenziali, tempo nel quale, attese, bisogni, negazioni affettive e paure, possono aver creato risposte reattive a livello comportamentaleLe prime relazioni con le figure genitoriali determineranno l’apprendimento del modello relazionale che si tenderà ad esportare nel mondo adulto. L’opinione di chi sono, la percezione di sé come persona giusta per essere amata o meno, da questa idea di se stessi, si innescherà la paura del rifiuto e dell’abbandono o la rabbia verso imposizioni e doveri. Così, ad esempio, alcuni tendono ad arrivare sempre in ritardo perché loro stessi pensano di non valere e che quindi qualsiasi cosa potranno dare sarà sempre ininfluente, sono convinti di essere poco importanti, che se ci sono o meno, passeranno inosservati, perché sono convinti che per gli altri, che loro ci siano o no, è uguale.

Chi è il ritardatario cronico

Dal punto di vista inconscio, il ritardatario percepisce come importantissimo fino a sentirlo opprimente, la richiesta inconscia di non deludere le attese dell’altro. Così l’oppressione proveniente dalle figure familiari quali; le nonne il papà la mamma, prima le amicizie dopo, il ritardatario “trasferisce” inconsciamente il suo senso di oppressione, su altre persone con le quali ha un appuntamento. Persone che a lui sembrano essere “troppo richiedenti”, sia nei rapporti professionali che privati.

Ritardatario cronico

“Se vi aspettate troppo da me, io farò tardi e così facendo mi opporrò alle vostre richieste”

In altre parole, la persona sviluppa nell’infanzia una forma mentis che, per evitare la costrizione a obbedire, (che gli ricorderebbe l’imprinting negativo del genitore), lo porta a disobbedire alla puntualità, perché questa suonerebbe come sottomissione a loro.

La sottomissione diventa per costui una espressione di dipendenza, che attiva in lui una inconscia protesta, che diventa agita attraverso la disobbedienza: ecco che la soluzione a questa conflittualità, anche se in modo errato diventa; un puntuale ritardo.

Arrivare in ritardo in alcuni casi può essere anche un atto di ribellione inconscio, come dire ad un genitore Fantasmatico in se: non mi hai amato? Ed allora non rispetterò le tue regole ne’ vorrò obblighi nei tuoi confronti, spesso chi ha questa dinamica, vivrà anche le regole sociali come una prigione dalla quale evadere, essendo per lui questi doveri una limitazione alla propria libertà. In questo caso è quindi lo specchio di un rapporto difficile e conflittuale con le figure che rappresentano l’autorità vissute come oppressive e a cui ci si ribella, siano un genitore, un maestro, un datore di lavoro ed addirittura un partner, sarà visto sempre come sotto missorio. Il rapporto con le figure genitoriali, percepite come troppo severe e repressive, ma anche come iperprotettive o richiedenti farà sì che il ritardo diventi una forma di ribellione.

Anche per chi ha tratti narcisisti, essere puntuali, rispettare l’impegno ad esserci ad una determinata ora, può essere vissuto come una forzatura, quasi una umiliazione al proprio Io, rifiutando egli il bisogno dell’altro e la sana dipendenza dall’altro, arrivando in ritardo, pone l’interlocutore nella inferiorità dell’attesa, trovarsi egli solo ad aspettare.

Ci sono casi nei quali la rabbia repressa si può esprimersi attraverso il ritardo cronico, questo capita quando si ha difficoltà ad esprimere le proprie emozioni o dinieghi verso una attesa dell’altro e non riuscendo a dire di no, accettano malvolentieri l’idea di un impegno, ma poi manifestano il loro vero sentire, ossia l’ostilità facendo tardi ad un impegno o consegnando tardi un lavoro, in modo spesso inconsapevole.

Per altre persone, emozioni quali; l’ansia e l’insicurezza, come la paura d’abbandono, sono così difficili da gestire creandogli un forte disagio, per costoro una soluzione è allontanarle il più possibile ed un modo è facendo ritardo. Questa paura riguarda non solo ciò che si teme di affrontare, ma anche l’osare nella vita. L’attesa che arrivi qualcosa anche di bello per se stessi diventa un fattore ansiogeno; allora si vorrebbe tutto e subito, pur di non stare in attesa (è nell’attesa di… che si instaura l’ansia del rifiuto), perchè su di essa  si proietta la paura del no genitoriale, del disconoscimento subito o riconoscimento non avuto.

Se si è puntuali inoltre, si rischia di dover attendere un altro, di vedere che magari non si presenta, di essere in balia del suo potere di arrivare o meno (di amarci o meno), della sua attenzione, del suo riconoscimento, una situazione di debolezza insomma, mentre arrivando in ritardo, c’è la sicurezza di trovarlo lì. Arrivare sempre in ritardo infine significa anche mettere alla prova gli altri, tipico atteggiamento di chi teme l’abbandono, per vedere se si preoccupano, se ci tengono, perché “se davvero sono importante, se ci tengono tanto a me, se mi vogliono bene come dicono, allora mi aspetteranno”.

Tra le altre cause che determinano l’arrivare costantemente in ritardo c’è anche la difficoltà che si incontra nel cessare un’attività e nell’iniziarne un’altra. “Smettere di fare qualcosa che ci assorbe per fare altro può essere fastidioso. Richiedere forza d’animo”. In ogni caso il rischio, arrivando sempre in ritardo, è quello di sembrare degli egoisti agli occhi delle persone puntuali. Come può un amico o un’amica che è stato ad aspettarci per venti minuti in macchina perdonarci? Come può non arrabbiarsi per il tempo che gli abbiamo fatto perdere? “Le persone puntuali sono convinte che un ritardatario possa decidere di essere in tempo e comportarsi di conseguenza”.

Il ritardatario può “guarire” da egli stesso?

Se ci rendiamo conto di essere ritardatari e capiamo quanto è importante cambiare, se non altro per liberare se stessi da questi comportamenti disfunzionali, è necessario perciò capire il bisogno che c’è alla base e che mantiene questo comportamento, serve fermarci a riflettere sul nostro rapporto con il tempo, su cosa ci guadagniamo oppure quanto perdiamo a fare ritardo, su cosa ci permette di ottenere o evitare, insomma scoprire le proprie fragilità dietro un comportamento apparentemente innocuo e quindi di conseguenza come su come poter esprimere se stessi in modo più funzionale.

I ritardatari “non lo fanno apposta”, sono proprio diventati così, per reazione ad una ferita dell’anima. Possono, però, smettere di arrivare in ritardo, amandosi di più ed accettando la sana dipendenza e la sana indicazione dell’altro, ma soprattutto facendo un esercizio che gli tornerà molto utile nella vita, ossia quello di mettere in campo tutta la propria forza di volontà. Senza seguire le proprie paure, scegliendo di prendere una “decisione consapevole” quella di non arrivare in ritardo. Non devono “provare ad arrivare in tempo” (perché così formulato, non ce la faranno), ma dovranno fissarsi chiaramente l’obiettivo e applicarsi attraverso la forza di volontà, affinché il traguardo della puntualità possa essere.

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