Il mondo interiore come si struttura?
Quando collochiamo noi stessi in una visione dove non c’è spazio per ulteriori evoluzioni, con un modo di pensarsi rigido ed un esistere statico, di fatto abbiamo una visione limitata di cosa siamo e di cosa potremmo diventare.
Quando si nasce siamo una costruzione fisica ed in parte psichica di due genitori, che a loro volta sono portatori del sistema di regole e valori nel quali sono stati immersi socialmente.
Per i primi 10 anni di vita noi siamo soprattutto questo, una entità psicofisica costruita da altre persone, gradualmente poi man mano che l’io prende spessore incominciamo autonomamente ad innestarvi sopra le nostre esperienze di vita, i pensieri conseguenti e le contaminazioni relazionali e sociali che assorbiamo.
Tuttavia l’Io bambino, riflesso della costruzione genitoriale, in alcune persone rimane la struttura psichica più rilevante, questo accade quando la nevrosi genitoriale o la psicosi collettiva sociale, nel quale la persona si trova a vivere è particolarmente marcata.
Quando questo capita, si è più sensibili alle pulsioni inconsce infantili portatrici di paure, blocchi e comportamenti inadatti a far evolvere la persona ad uno stato più adulto, con l’acquisizione permanente del potere decisionale ed esperienziale di cui l’adulto libero può vantare e godere.
Si è di fatto più esposti al fallimento personale che può abbracciare sia il mondo relazionale che professionale, in quanto la visione di se è parziale e distorta, si è giganti con le gambe di un bambino.
L’Io nelle persone immature
Questa distorsione nel vedersi è causata dal fatto che si ha dentro una dimensione psichica contemporaneamente di un bambino di 7 anni e di una persona adulta di 40, che porta ad atteggiamenti esterni contrapposti e dominati da esigenze spesso irrazionali, ad esempio; come si fa a prendere in braccio una donna come un uomo adulto se nel contempo si vuole essere presi in braccio come un bambino?
Attenzione a non confondere questo con il recupero del bambino interiore, perché qui si sta parlando delle nevrosi, delle insicurezze tipiche di quegli anni tempestosi, attraversati da conflitti edipici e sobbalzi caratteriali.
Se da un lato bisogna riscoprire ed accettare questo “bambino” dall’altro lo si deve accompagnare alla età attuale, farlo crescere, altrimenti, sarà lui a dominare l’adulto.
Occorre quindi iniziare una nuova costruzione dell’io sopra quella base esistenziale portata più o meno a termine dai propri genitori e dalle strutture sociali, come la scuola e le comunità sociali.
Un nuovo io che parta da ciò che si è, per portarsi come un ponte all’altra parte della sponda di fiume; fiume che marca come un confine la divisione tra ciò che eravamo ieri, da cosa siamo e vogliamo essere oggi, ma soprattutto permetta di seguire quel desiderio rinnovato proiettato di se stessi verso il futuro desiderato.
La nuova versione di se, un “Io” frutto della propria personale costruzione, contenuto in nuove regole personali, un nuovo senso del bene e del male, al di là dei valori costituenti la nostra origine genitoriale, conservando di essa solo le parti funzionali alla nuova struttura esistenziale.
Per poterlo fare occorre rompere l’incantesimo che non permette di staccarsi da se quel tanto da potersi vedere davvero, bisogna riaccendere la curiosità su come si potrebbe realizzare l’idea di una vita migliore, nella quale far continuare a vivere se stessi.
Chi non merita di rinascere?
Che vita è questa se è il risultato dell’interpretazione cieca di una vecchia fotocopia genitoriale frutto dei loro desideri nel loro tempo?